giovedì 2 ottobre 2008

THE BENDS - RADIOHEAD

The bends è il secondo lavoro dei Radiohead, band dell'Oxfordshire (ENG), uscito nel marzo del 1995.
Thom Yorke e compagni, desiderosi di sbarazzarsi della scomoda etichetta di one-hit-wonder band (dopo il travolgente successo di Creep, tratto da un album, Pablo Honey, largamente snobbato), sfornano un lavoro decisamente più maturo.

Per prima cosa, ecco la tracklist dell'album:
1-planet telex
2-the bends
3-high and dry
4-fake plastic trees
5-Bones
6-[nice dream]
7-Just
8-My iron lung
9-Bullet proof (i wish i was)
10-Sulk
11-Street spiri (fade out)

La prima cosa che ci colpisce è l'intensità di questo album. 11 tracce che scorrono via veloci, potenti, e ci cullano in un irregolare susseguirsi di emozioni. Non tanto un percorso, ma piuttosto un bombardamento di flash improvvisi.
E' evidente la fase di maturazione della band, non ancora completata, ma è probabilmente questo il momento in cui tutto il talento celato esce finalmente allo scoperto, ancora senza controllo (controllo che verrà definitivamente preso in ok computer, l'album successivo e che porterà la band ad un affermazione planetaria).
Il contenuto di questo album ha però un denominatore comune, ovvero un' ENORME melanconia e paura esistenziale, che viene trasmessa attraverso testi toccanti e melodie inquietanti, che si amalgamano alla perfezione.
L'impatto è qualcosa di mai visto e che nemmeno gli stessi radiohead riusciranno a riproporre in futuro: il susseguirsi di momenti nervosi e irregolari, con parole a volte contornate da arpeggi ipnotici a volte da violenti accordi che sprigionano un'inaspettata energia.
Per la prima volta salta all'occhio il possente impasto delle 3 chitarre della band (Yorke-O'Brien alla ritmica, Greenwood alla Lead), che utilizzando spesso parti differenti, sanno creare un muro di suono molto molto ricercato.

Il cd si apre con PLANET TELEX, che riversa subito quattro minuti di inquietudine e tensione sull'ascoltatore. Un inizio elettronico da spazio ad accordi marcati ed un testo sofferente, quasi nichilista: everything is broken, everything is broken. Brano spaziale, ma che scorre fluido senza catturare troppo l'attenzione.
Di tutt'altro stampo è THE BENDS: l'ascoltatore ora capisce che si inizia a fare sul serio. Brano energico, potente, quasi un inno. Yorke urla il suo disagio contro una società che oramai ha perso tutto il sapore e lo ha lasciato da solo con le sue paure. "I wish it was the sixties, i wish i could be happy". La noia e l'incertezza culminano poi con un agghiacciante "i wanna be part of the human race" dopo ad un intenso assolo di greenwood, in cui si coglie tutto il desiderio di appartenere a qualcosa a cui ti senti estraneo.
Il pezzo successivo è una sorpresa, quasi come se fosse una parentesi. HIGH AND DRY è una strana, stpenda canzone che ci fa sorridere. Sarebbero stati così forse i radiohead, se avessero scelto la strada pop alla oasis. La canzone però resta solo una parentesi, uno splendido ritornello contornato da un bel romanticismo melanconico.
FAKE PLASTIC TREES ha quello che non ha high and dry. Stessa melodia dolce e parole sussurrate, falsetti quasi commuoventi, ma un testo meraviglioso. In una società moderna Yorke fa una strana parodia, parlando di un mondo in cui la gente interagisce con finte copie di plastica di tutto. Uno scenario da brividi, cantato in un'atmosfera senza punti di riferimento. Uno dei pezzi migliori dell'album.
BONES è un qualcosa di controverso. E' una via di mezzo tra un pezzo scontato e un pezzo stupendo. L'arrangiamento è semplice ma la melodia è accattivante....e la frase "now I can't climb the stairs" in un testo del genere? C'è poco da dire, a parte confermare che i testi risultano di sicuro un punto forte della band.
[NICE DREAM] è surrale. Grande messaggio, pazzesco. Una melodia ipnotica in cui Yorke parla di uno status quasi idilliaco, che smentisce con un geniale "nice dream", quasi sarcastico. La coda della canzone rende perfettamente l'idea...dalla dolcezza di un bel sogno, alla dura realtà. A parte questo, canzone decisamente di buon livello.
La settima traccia è JUST. Just è violenta, è trascinante. E' pura potenza. Melodia da brivido ed accordi che si arrampicano l'uno sull'altro, un arrangiamento strepitoso che fa da colonna sonora ad un messaggio molto "creepy". La canzone racconta di un qualcosa che perseguita la gente, probabilmente il senso di colpa, che porta poi le persone a vittimizzarsi. "Lo fai a te stesso, questo è quello che fa veramente male". Uno Yorke velenoso che attacca, un Greenwood pazzesco che chiude il pezzo con un assolo di una prepotenza unica. Pezzo epico, di sicuro il migliore dell'album e forse uno dei migliori in assoluto da parte della band.
L'apice di just però prosegue con un altro pezzo splendido, MY IRON LUNG. Bellissimo riff, che apre un pezzo brillante e dinamico. Le parole si sisseguono e vengono travolte da intermezzi chitarristici schizzofrenici: ottimo.
Dopo una serie mozzafiato, l'ascoltatore può lasciarsi andare in due pezzi non di particolare spessore, come BULLETPROOF (I WISH I WAS) e SULK. Il primo è una vera e propria culla, con uno slogan molto ben riuscito -a prova di proiettile (vorrei tanto esserlo)-, note dolci e parole inebrianti. Il secondo invece è un pezzo abbastanza anonimo, che non riesce mai a colpire davvero.
L'intensità dell'album si placa definitivamente, ma nel migliore dei modi.
STREET SPIRIT, un altro tra i migliori pezzi dell'album, è messo in coda e il (fade out tra parentesi) è epico. La canzone parla di non essere nulla, di svanire completamente nell'indifferenza...e dopo le urla minacciose di just è seriamente il modo migliore per chiudere quest'album, un unico e grande lamento. Yorke se ne va svanendo, in quell'arpeggio triste di Just, ma lasciando il segno. Grande pezzo, atmosfera surreale.

Con street spirit si chiude ques'album, che prende dal primo ascolto e continua ad emozionare sempre più, man mano che si entra in intimità con esso.
11 tracce, qualità complessiva pazzesca, per uno dei migliori album dei Radiohead in assoluto.
Non ti stanca mai, ti emoziona sempre più, ti riporta la mente per terra e ti fa osservare quanto a volte possa risultare difficili essere te stesso, essere diversi o semplicemente essere soli al mondo. Un mondo travolto da una società alienante, in cui tu sei l'alieno.

95/100 - un album che ogni persona deve ascoltare almeno una volta.




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